Le arti marziali vengono comunemente associate alle donne per motivi di difesa personale.
In virtù di questa premessa, è necessario ribadire la differenza fra sport da combattimento ed arte marziale in senso tradizionale. Nel primo caso, si ha un potenziamento fisico del corpo, ma non si ha la possibilità di imparare tecniche di difesa efficaci; nel secondo caso, il lavoro è soprattutto tecnico.
Una donna avrebbe grandi difficoltà a prevalere su un aggressore di sesso maschile qualora contasse di far leva unicamente sulla forza fisica. Ed, in tal senso, non sarebbe di giovamento ogni tentativo di potenziare quella stessa forza. Si rende necessario, allora, l’apprendimento di tecniche volte a sfruttare al meglio i punti deboli dell’avversario, piuttosto che i supposti punti di forza di cui si dispone. In tal modo, da un lato non si accetta uno scontro fondato esclusivamente su una contrapposizione di forze e dall’altro si elude la classica polarità aggressore-vittima. Risultato che può essere raggiunto solo in un contesto non sportivo.
Oltre al lavoro tecnico è fondamentale il lavoro di ordine psicologico, in quanto quest’ultimo permette alla donna, come a qualsiasi altro individuo, di affrontare le situazioni pericolose con animo freddo e combattivo. A questo proposito, si deve ricordare che l’adrenalina è un’arma a doppio taglio: se da un lato può bloccare, dall’altro può sprigionare molta energia. Il risultato comportamentale di una scarica di adrenalina dipende da come, a livello psicologico, il soggetto si relaziona ad un eventuale pericolo. Se ogni situazione nuova e a rischio genera un tipo di paura non reattiva proprio perché non si sa come ci si deve comportare; quando si impara a conoscere le situazioni potenzialmente pericolose e ci si allena ad affrontarle, la prospettiva cambia. Esercitarsi al contatto fisico, conoscere la sensazione di ricevere un colpo inferto dall’altro ed abituarsi ad una logica combattiva che permetta di interpretare la dinamica dei movimenti, sono un gran passo avanti per la riuscita di una difesa. E ciò perché, a livello sia comportamentale che mentale, il soggetto impara a gestire il rilascio di adrenalina e, anziché restare intrappolato nella propria paura, a focalizzare l’energia su un obiettivo ben preciso: la propria autodifesa.
Ad ogni modo, oltre all’aspetto difensivo proprio del Kung Fu, vi sono altri due aspetti di notevole importanza, e cioè: lo sviluppo della salute fisica e dell’autostima personale.
Il primo aspetto riguarda la possibilità di affiancare al lavoro tecnico un lavoro aerobico che mantenga la muscolatura tonica ed elastica. Fra l’altro, essendo solitamente più elastiche degli uomini, le donne sono spesso più veloci nell’apprendere gli aspetti tecnici del Kung Fu e, comunque, acquisiscono più facilmente la padronanza di colpi per cui è necessario un lungo lavoro atletico.
Per quanto riguarda l’autostima, il Kung Fu può notevolmente migliorare la percezione di sé e delle proprie potenzialità. Attraverso gli esercizi fisici, infatti, le donne possono non solo imparare ad aumentare la propria coordinazione motoria, ma anche raggiungere uno stato di fiducia in se stesse e nelle proprie capacità tale da giovare al rapporto con l’ambiente esterno.
A tal riguardo, prendiamo ad esempio quelle donne che vivono in situazioni familiari violente e che, per paura, non riescono a reagire. La reazione illogica di non porre rimedio ad una situazione patologica e pericolosa, tanto più perché scaturente da un proprio familiare, è dettata appunto da un circuito interattivo (riguardo al quale non riteniamo opportuno dilungarci in questa sede) che si fonda sulla paura e sulla contrapposizione vittima-carnefice. Lo sviluppo dell’autostima sarebbe, in questo caso, un ottimo propulsore verso la consapevolezza di sé e della situazione in cui si è invischiati; e di conseguenza, verso una corretta gestione della paura che liberi dalla malsana relazione.
Inoltre, vi è da aggiungere che più si è allenati al combattimento e più non si ha paura di affrontarlo.
Esercitandosi al Kung Fu, dunque, s’impara pure a controllare l’ansia legata al timore di eventuali aggressioni, e non solo. Tuttavia, imparare a difendersi e a combattere non significa essere in grado di affrontare una persona con la certezza di sopraffarla, ma piuttosto trovare in se stesse la propria sicurezza. Sentirsi forti nel corpo aiuta a sentirsi forti nella mente, e diventare forti nella mente aiuta ad affrontare le diverse situazioni che la vita può riservare, comprese quelle più difficili.
Dott. G. Rossi (psicologo-psicoterapeuta) e Sifu Dott. S. Mezzone
TESTIMONIANZA
Commento di Orsola Antonucci
La mia esperienza con il Wing Chun è iniziata tre anni fa. Dopo aver praticato ben otto anni di danza classica ho deciso di cambiare, drasticamente oserei dire. Tutto è cominciato per caso, per gioco e non avrei mai creduto che questa passione sarebbe cresciuta a punto di trovarmi ora qui a parlarne. Il Wing Chun mi ha dato tanto: innanzitutto la possibilità di conoscere un bravissimo Maestro, Sasà, che grazie al suo entusiasmo è riuscito a coinvolgermi con le sue lezioni, numerosi stage e tanta, tanta pazienza. Ma soprattutto, il Wing Chun mi ha reso più forte, non solo nel senso letterale del termine. Ha fatto in modo che potessi acquisire maggiore fiducia in me stessa, nelle mie potenzialità e tutto questo non rimane relegato alle ore che trascorro in palestra, ma è una lezione importante nella vita di ogni giorno.
Commento di Graziella De Feo
E’ stato un vero colpo di fulmine. Non con mio marito ma con il Wing chun! Tutto è cominciato quando la mia curiosità per le arti marziali mi ha finalmente portato a chiedere informazioni alla palestra dove il Sifu Mezzone svolge corsi di Wing Chun. La verità è che mi sembrava la soluzione migliore per evitare che prima o poi qualcuno potesse (involontariamente!) essere vittima del mio stress! La mia perplessità era sulla possibilità di cominciare ad un’età non più adolescenziale e con una preparazione fisica non più ottimale, invece con molta sorpresa ho trovato un gruppo eterogeneo di persone unite in uno stesso obiettivo. L’idea ha coinvolto anche mio marito e abbiamo avuto la fortuna di poter condividere un’esperienza singolare che ci permetteva di confrontarci liberamente anche sulla forza fisica. Subito ci siamo resi conto che oltre ad un’intensa attività fisica il mondo del Wing Chun offre la possibilità di affrontare la vita con una maggiore consapevolezza delle proprie capacità ma soprattutto si riesce a scoprire l’affascinante filosofia orientale. Occorre molta pazienza e volontà per percorrere tutto il lunghissimo cammino delle tecniche del Kung Fu ma, dopo poco, non ne puoi fare a meno e se la passione e l’impegno non mancano come ricompensa si scoprono tanti nuovi amici!
Commento di Sifu Genevieve Natale
Sono sempre stata affascinata dalla cultura orientale ed in particolar modo dalle arti marziali che vedevo praticate nei film di Bruce Lee. […] Fin da bambina ho cercato di praticare un qualche sport che mi potesse avvicinare al mondo delle arti marziali ma ahimè, dato il fisico che mi ritrovo, ho sempre dovuto desistere perché tali sport necessitavano di troppa prestanza atletica e mi rendevo conto che l’obesità era per me un handicap. Mi sono dovuta accontentare praticando un allenamento anaerobico in una palestra, così almeno mi muovevo un po’. Un giorno, per caso, chiesi alla proprietaria della palestra se lì si praticassero arti marziali e lei mi rispose che c’erano due corsi, uno di ju jitsu ed uno di Wing Chun. Il primo corso era un’arte marziale che già conoscevo e lo evitai a priori poiché sapevo che sarebbe risultato troppo difficoltoso per me. Per ciò che riguardava invece il secondo corso, non sapendo in cosa poteva consistere mi spinsi, forte della mia innata curiosità, a chiedere informazioni all’istruttore. Egli mi spiegò che il Wing Chun era un’Arte marziale non molto diffusa (all’epoca) come le altre e, tra i suoi allievi più famosi, annoverava il mio idolo (Bruce Lee). Una delle prime domande che porsi al maestro fu se io avessi potuto praticare tale disciplina nonostante la mia notevole mole. Egli mi rispose affermativamente poiché il Wing Chun era un’arte nella quale, a differenza delle altre, non è l’allievo che deve adattarsi allo stile, ma è lo stile che si adatta all’allievo ed alle sue esigenze. Dopo queste parole, un pò per curiosità ed un pò per voglia di provare a realizzare un sogno, cominciai gli allenamenti, incoraggiata da una persona che forse vide in me, al di là dell’aspetto esteriore, una futura allieva. Dopo sei anni che pratico il Wing Chun posso affermare che l’impegno e la costanza che ho impiegato nell’apprendimento di quest’arte (sto ancora imparando) finora sono stati ben ripagati. Infatti, penso di aver ricevuto dal Wing Chun molto più di quanto io possa aver dato. Facendo un esame di coscienza mi accorgo che oggi, nonostante io sia comunque obesa, sono però una persona molto più sicura di se e delle proprie capacità. Ho acquisito un notevole autocontrollo, una capacità di reagire e prendere delle decisioni in modo molto più rapido, anche in situazioni difficili. Ho imparato a confrontarmi con altre persone, anche fisicamente più dotate di me, in quanto, grazie al Wing Chun, ho sviluppato anche una notevole agilità ed una coordinazione motoria che molte persone, seppur magre, non hanno. Per me ormai il Wing Chun è come una droga, ogni volta che mi alleno scopro sempre nuove cose e ciò mi stimola dandomi una sorta di dipendenza dall’allenamento. Per fortuna ciò non è dannoso come la droga anzi, può donare solo benefici. Oggi io non solo sono un’allieva appassionata al Wing Chun, grata al mio maestro per aver creduto in me ed avermi seguita nell’apprendimento di quest’arte, ma sono diventata anche un’istruttrice che vuol trasmettere ad altri gli insegnamenti, non solo tecnici, ricevuti in questi sette anni di apprendimento e che mi hanno aiutata a crescere, anche spiritualmente.